La ATCT: il trapianto di cellule T come terapia nella HLH

Prima di parlare dell’ATCT bisogna chiarire a cosa servono le cellule T e che ruolo hanno nella Linfoistiocitosi Emofagocitica.

Le cellule T, anche dette CTL.

Le cellule T sono i linfociti T citotossici, anche chiamati CTL.
Una delle attività fondamentali di queste cellule è la citotossicità cioè quel processo biologico complesso che permette all’organismo umano di eliminare gli agenti patogeni che lo invadono. Questo processo inizia con il riconoscimento e l’adesione dei CTL alla cellula bersaglio (una cellula infetta o una cellula che presenta l’antigene (APC)) e prosegue con il rilascio di sostanze citotossiche dai CTL che, una volta penetrate nella cellula target, ne inducono la morte.
Con la rimozione dei patogeni termina anche la stimolazione del sistema immunitario.
Nella Linfoistiocitosi Emofagocitica (HLH) di tipo familiare, delle mutazioni geniche causano il mal funzionamento dei CTL che, proprio per la loro incapacità di rimuovere i germi, determinano una prolungata stimolazione delle cellule del sistema immunitario.

 

L’ATCT come possibile terapia

Ad oggi esistono strategie terapeutiche che inibiscono le cellule immunitarie iper-stimolate ma sono poco efficaci perché non risolvono le cause genetiche responsabili della citotossicità difettosa dei CTL. Un approccio risolutore sarebbe quello di trasferire nel paziente HLH i linfociti T con funzione citotossica normale rimpiazzando quelli difettosi ed eliminando così le cellule APC che alimentano l’infiammazione.

Il trasferimento di cellule T funzionali attraverso trasfusioni si chiama Terapia Cellulare Adottiva di Cellule T (ATCT).
Essa prevede la raccolta di cellule T difettose del paziente, la loro modifica attraverso la correzione genetica o l’inserimento di geni che ripristino la citotossicità, e la reintroduzione nel paziente delle proprie cellule T modificate mediante una trasfusione (1).

L’ATCT è stata già provata in modelli animali (2) ma la validità di questo nuovo approccio terapeutico è stata sperimentalmente verificata per l’HLH da un gruppo di ricercatori tedeschi guidato dal Dr. Aichele insieme ai colleghi dei dipartimenti di immunologia e terapia genica dell’Università di Friburgo (3).

Essi infatti, hanno utilizzato il trasferimento di cellule T funzionali per ricostituire parzialmente la funzione citotossica in topi da laboratorio a cui era stata attivata la HLH.
Gli scienziati hanno condotto le loro ricerche prestando particolare attenzione agli effetti dell’introduzione di linfociti T sani sulla ricostituzione della capacità immunitaria nei topi deficitari durante l’iper infiammazione prodotta dall’HLH.

Come funziona la ATCT?

Andando nello specifico, il modello sperimentale murino utilizzato dai ricercatori tedeschi chiamato Jinx porta mutazioni nel gene UNC13-D che determinano linfociti T deficitari della funzione citotossica. Se infettati con il virus della coriomeningite linfocitaria (LCM) a partire dal 15° giorno dall’infezione, i topi si ammalano di HLH e le loro cellule T sono iper attive come quelle dei pazienti affetti dalla patologia. Questo dato conferma e supporta l’uso di queste cavie come modello sperimentale per la patologia HLH nell’uomo.

Per stabilirne ulteriormente la validità, le cellule T dei topi ammalati sono state caratterizzate analizzando le proteine espresse sulla superficie cellulare e confrontandole con quelle umane. I ricercatori hanno scoperto che durante la fase acuta dell’HLH due proteine KLRG1 e CD127 vengono perse dai linfociti T (CD8), identificando così le cellule T che devono essere rimpiazzate per far cessare l’iper infiammazione.
Il trasferimento di cellule T-CD8 provenienti da topi normali immunizzati contro il virus LCM ha bloccato il processo patologico nei topi (UNC13-D) ammalati da HLH attraverso l’eliminazione del virus interrompendo la stimolazione cronica delle cellule APC.

Inoltre, i linfociti T-CD8 sani introdotti nei topi malati hanno dimostrato una capacità di autorinnovamento, un prerequisito ritenuto fondamentale per poter curare i topi dall’HLH in condizioni di iper infiammazione.
Infine, i ricercatori hanno dimostrato che i topi curati sono protetti dalle ricadute di HLH anche per lungo tempo.
Questo è probabilmente dovuto al fatto che le cellule T sane una volta trasferite riescono a differenziarsi nel topo malato in maniera distintiva rispetto alle cellule T endogene funzionalmente esauste. Dopo solo 3 settimane si genera un chimerismo del 5-30% con una espansione delle cellule T sane rispetto alle cellule endogene di 80 volte.

L’elevato potenziale proliferativo, l’ampia capacità di ricostituzione/differenziazione e una lunga persistenza delle cellule T espanse facilitano il successo terapeutico e la guarigione dalla malattia che nei topi è stata ottenuta in 25-30 giorni dopo la ATCT.

Oltre ai topi mutati nel gene UNC13-D i ricercatori hanno provato l’ATCT anche in topi mutati in entrambi gli alleli del gene della perforina riproducendo i risultati ottenuti per il modello Jinx e osservando un effetto protettivo significativo rispetto alla progressione della malattia. 

Conclusioni

In conclusione, l’articolo pubblicato (3) dimostra in modo convincente che l’ATCT funziona in modelli di topi geneticamente deprivati della loro funzione citotossica durante l’iper infiammazione prodotta dall’HLH attiva.

I risultati ottenuti nei modelli animali mostrano in modo esauriente l’efficacia della ATCT e l’assenza di effetti collaterali gravi. Mettono in luce che il chimerismo stabilito tra i linfociti T endogeni malati e quelli trasfusi sani impedisce le recidive anche a distanza di tempo. Infine, suggeriscono la capacità delle cellule T sane trasfuse di andare incontro ad uno specifico percorso di differenziazione che è alla base del successo terapeutico e della guarigione dall’HLH. 

Questi risultati promettenti ottenuti in modelli animali sono un prerequisito per futuri protocolli clinici innovativi basati sulla correzione genetica ex vivo di cellule T autologhe e il loro trasferimento in pazienti per una sconfitta definitiva della HLH.

Bibliografia

  1. Panchal N, Ghosh S, Booth C (2021) T cell gene therapy to treat immunodeficiency. Br J Haematol 192: 433 – 443
  2. Weber EW, Maus MV, Mackall CL (2020) The emerging landscape of immune cell therapies. Cell 181:46 – 62
  3. Weißert K, Ammann S, Kögl T, Dettmer-Monaco V, Schell C, Cathomen T, Ehl S, Aichele P. Adoptive T cell therapy cures mice from active hemophagocytic lymphohistiocytosis (HLH). EMBO Mol Med. 2022 Dec 7;14(12):e16085.